Il paese del gusto

Un comune dalle origini antichissime

Distante poco più di 22 chilometri dal centro di Torino, situato sulle estreme pendici della collina torinese in direzione del Monferrato, Andezeno vanta una storia millenaria. Secondo il filologo, glottologo e linguista italiano Dante Oliveri, il nome Andezeno deriva dal gallo-latino Andicus, da cui sarebbero derivati i borghi di Andico e di Andicello da cui Andsèn, che rimanda a un derivato in -ellus, poi italianizzato in Andezeno. Già in età preromana erano presenti insediamenti abitativi, mentre la prima citazione ufficiale risale al 992 in una bolla dell’imperatore Ottone III col nome di Andesellum. Il paese fu prima proprietà dell’abbazia di Breme, poi dal 1234 dei conti Biandrate di San Giorgio. Nel 1290 passò al comune di Chieri. Nel dicembre del 1543 venne totalmente distrutto dall’esercito spagnolo nell’intento di cacciare l’esercito francese che aveva occupato il luogo e minacciava Chieri. Successivamente altre famiglie nobili si insediarono nel paese, fra cui i Balbiano di Aramengo. Con l’occupazione napoleonica venne inserito nel dipartimento del Po e fece parte del distretto di Riva presso Chieri fino all’unità d’Italia.

Andezeno offre diversi spunti per una visita.
Imperdibile è, ogni seconda domenica di ottobre, la storica Sagra del cardo, della bagna càuda e della cipolla piattellina.
Il Cardo di Andezeno è di colore bianco avorio con foglie strette, frastagliate, spinose e particolarmente tenere, croccanti e garantisce un’ottima digeribilità. Lievemente amarognolo, sia crudo che cotto, il cardo è uno degli alimenti principi per gustare appieno la “Bagna cauda”, tradizionale salsa piemontese a base di acciughe, aglio ed olio.
Le cipolle piattelline, definite bionde, sono conosciute nel mondo per le loro ottime caratteristiche gastronomiche. Di forma appiattita, tenere, dal sapore dolce e poco piccante, sono ideali per la cottura in forno e per preparare ottime cipolle ripiene.
Durante la sagra inoltre è possibile visitare la “Casa delle Zucche”, vicina al centro paese, che ogni autunno viene completamente addobbata da centinaia di zucche di tutti le forme e dimensioni.

Dal punto di vista storico e architettonico, meritano una visita le Cascine Fruttera e Cesole, le tre chiese del paese, il castello e il museo Balbiano.
La Cascina Fruttera, già citata nel Medioevo tra i possedimenti dell’Abbazia della Fruttuaria di San Benigno Canavese e residenza estiva dal filosofo e diplomatico di Casa Savoia Joseph De Maistre (1753-1821), è un classico esempio di cascina lineare “a corte chiusa”, sorta tra il XVII e il XVIII secolo. Ospita anche una cappella dedicata a San Giovanni Battista.

La Cascina Cesole, del ‘700, è anch’essa “a corte chiusa” su cui si affacciano il granaio, la stalla, la casa colonica e la cappella barocca intitolata alla Madonna del Rosario.

La Chiesa Cimiteriale di San Giorgio risale al XII secolo. Oggetto di un primo intervento di restauro alla fine del 1700 con la ricostruzione della facciata, del tetto e della parete nord, e di un secondo intervento alla fine degli anni ’50 per riportare alla luce le strutture romaniche eliminando quelle barocche, la chiesa si presenta come un edificio a pianta rettangolare, a navata unica. Della struttura originaria romanica restano la parete sud e l’abside semicircolare.

La Confraternita di S. Marco, chiamata in dialetto Chiesa dei Batù, ha avuto un ruolo importante nella storia del paese. Deve il suo nome alla Compagnia dei Disciplinanti, o Battuti, un movimento religioso sorto alla fine del ‘500 che si rifaceva alla predicazione di S. Vincenzo Ferreri. Consacrata nel 1604 dall’Arcivescovo di Torino Carlo Broglia, divenne teatro di confronto tra le iniziative devozionali della nobiltà locale. Il risultato fu la creazione di arredi ricchi e fastosi che però si persero nel tempo. Dopo lo scioglimento della Confraternita poi, i dipinti che ornavano gli altari furono rimossi per motivi di sicurezza.

La Chiesa Parrocchiale di San Giorgio, dedicata al patrono del paese, è opera dell’architetto luganese Giovan Battista Casasopra, allievo del Vittone. Tutta in mattoni a vista si eleva sulla sommità del colle che domina il paese. Costruita fra il 1753 ed il 1759 e consacrata nel 1764, in stile barocco, è a navata unica rettangolare con sei cappelle, tre per lato, comunicanti. Sotto l’altare maggiore sono custodite le reliquie e il corpo di S. Giustina, protettrice dei frutti della terra, festeggiata tutti gli anni la terza domenica di ottobre.

Il Castello, del XV secolo, è citato nel documento di pace firmato nel 1261 tra i Conti di Biandrate e il Comune di Chieri. Sulla parte più alta del “castrum” sorgeva la Torre di difesa, tuttora esistente, rimaneggiata nel corso dei secoli e divenuta poi, con l’aggiunta di due campane e dell’orologio sulla facciata, torre campanaria. Il nucleo originario del castello, di cui restano poche tracce, risale al XII secolo. Fu gravemente danneggiato e poi distrutto nel XVI secolo dall’esercito spagnolo. È stato in parte incorporato nella costruzione della nuova residenza della famiglia Ormea e Berta nel secolo XVII e della famiglia Villa all’inizio del XVIII secolo.

Per finire, una citazione per il Museo Balbiano, visitabile solo su prenotazione, che presenta una raccolta di più di 1500 oggetti che raccontano la vita quotidiana contadina del ‘900. Nella stessa sede, il Museo del giocattolo ospita oltre 600 giocattoli che vanno dalla fine dell’800 alla metà degli anni ’50.

Immagini fotografiche: Marco Saracco

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